Yoga by Emmanuel Carrère

Yoga by Emmanuel Carrère

autore:Emmanuel Carrère [Carrère, Emmanuel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-05-23T22:00:00+00:00


L’articolo di Wyatt Mason

In quel periodo un giornalista e scrittore americano di nome Wyatt Mason è venuto a trovarmi per scrivere un lungo articolo su di me per il «New York Times Magazine». In un altro momento quella visita e l’interesse del «New York Times Magazine» mi avrebbero fatto molto piacere perché da tempo aspiro a un maggiore riconoscimento da parte del mondo letterario anglosassone. Ma in quel momento non me ne importava niente del riconoscimento da parte del mondo letterario anglosassone, ero messo troppo male per potermi rallegrare di qualcosa. Wyatt Mason se ne rende conto fin dall’istante in cui gli apro la porta dell’appartamento di rue du Faubourg-Poissonnière. Un appartamento in un quartiere trendy, nota all’inizio del suo articolo, un appartamento che potrebbe essere una delizia: un salotto spazioso, un po’ buio, grandi finestre che danno su un cortile alberato e, davanti a una di queste finestre, un tavolo su cui si potrebbe lavorare bene. Senonché l’appartamento, quasi vuoto, senza un libro, senza un quadro, senza niente di personale, trasuda angoscia, non meno di colui che ci abita. È raro che un giornalista riferisca impressioni così intime sulla persona che è andato a intervistare. È il genere di cose che potrei fare io, e Wyatt Mason lo ha fatto con affabile e dolente delicatezza. Me lo ricordo bene: un uomo sulla quarantina, molto simpatico, con la testa rasata, una barba corta, la voce dolce, che chiamo con piacere sul banco dei testimoni perché racconti un periodo della mia vita che ricordo così male. Il suo articolo, che ho appena ritrovato sul sito del «New York Times», inizia così: «Un pomeriggio di ottobre del 2016, mentre il mio paese era in pieno pandemonio elettorale, mi trovavo nel salotto di un appartamento parigino con lo scrittore Emmanuel Carrère che mi parlava della vergogna. Carrère, che va per i sessanta, ha un aspetto spiazzante perché per il fisico gli daresti la metà degli anni che ha e per la faccia il doppio...». Più o meno nello stesso periodo un altro giornalista anglosassone mi ha descritto come un uomo abbastanza attraente nonostante la faccia leggermente scimmiesca, le orecchie a sventola e appuntite come quelle di un pipistrello e gli occhi troppo vicini che fanno pensare a quelli di George W. Bush. Ma torniamo a Wyatt Mason. Quasi io fossi il paziente e lui lo psicoanalista, lo ricevo semidisteso sul divano di pelle nera che, come scrive lui, con un talento che mi colpisce rileggendo oggi l’articolo, è «praticamente l’unico mobile della stanza, in mezzo alla quale fa l’effetto di un enorme cane depresso che aspetta invano il ritorno del suo padrone». Una cosa che Wyatt Mason non sa, e che sicuramente avrebbe potuto sfruttare, è che due anni prima l’uomo smarrito e tremante che ha di fronte a sé è stato fotografato su quello stesso divano nella posizione del loto, con la faccia perfettamente serena e sorridente, e che quella foto è apparsa sulla copertina di un settimanale che apriva uno speciale sulla meditazione con una sua lunga intervista.



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